Fantasticare è una perdita di tempo?

Su frontiers in psychology è stata pubblicata recentemente una review sul “mind wandering” – termine che indica il sognare ad occhi aperti o lo stare sovrappensiero. Mentre finora, nella letteratura di psicologia cognitiva, sono stati studiati solo i lati negativi di quest’attività, quest’articolo affronta e sottolinea invece quelli positivi.

Uno studio recente, condotto tramite sondaggi online e su smartphone, ha dimostrato che trascorriamo non meno del 47% del nostro tempo senza pensare a niente; è stato inoltre dimostrato che questo è un fenomeno frequente in un’ampissima varietà di culture e situazioni differenti.

Ma cosa significa precisamente non pensare a niente?

Jerome L Singer ha studiato il daydreaming fin dagli anni ’60. Con questa parola ci si riferisce a tutti i momenti di veglia che trascorriamo senza pensare a nulla in particolare. Quei minuti di vuoto quando c’è il semaforo rosso, in fila alle poste o sui mezzi pubblici, in cui non si pensa a niente di preciso, ma si lascia andare il pensiero da sé.

La condizione umana – spiega Singer – ci costringe a scegliere quanta attenzione porre al nostro flusso di coscienza interiore, e quanta alle situazioni sociali e ambientali attorno a noi.

MindwanderingNegli anni ’70, dopo aver studiato estensivamente il fenomeno (con questionari e interviste), Singer stabilisce tre categorie principali di daydreaming. Il primo tipo è quello positivo e costruttivo, un processo libero da conflitti psicologici in cui un’immaginazione giocosa, vivida e spontanea guida il pensiero creativo. Vi è poi quello colpevole-disforico, guidato da una mescolanza di ambizione e angoscia, popolato di fantasie eroiche, fallimenti, aggressività, e reiterazioni ossessive del trauma – una modalità particolarmente correlata con il disturbo-post traumatico da stress. Infine, vi è quello caratterizzato da scarso controllo dell’attenzione, tipico degli ansiosi e di chi fatica a concentrarsi. Queste categorie sono state validate negli anni per ceppo etnico, sesso, aspettativa di vita e condizioni di salute mentale

Tuttavia, poiché finora la quasi totalità degli studi condotti sull’argomento si focalizzava sul costo di questa pratica, restava un grosso mistero insoluto. Ovvero, come mai perdiamo così tanto tempo fantasticando? Qual è il vantaggio adattivo di tale pratica?

L’approccio della psicologia cognitiva è improntato alla prestazione: le abilità cognitive sono misurate attraverso lo svolgimento di compiti, in contesti tangibili e misurabili. Quasi tutti i test cognitivi seguono questa logica: si somministra il compito, si misura la prestazione e se ne deduce lo stato cognitivo.

È proprio questo il motivo per il quale finora non sono stati riconosciuti i benefici del mind wandering. Questo infatti non è quasi mai utile nell’immediato: anzi, distrae dal compito da svolgere – e perciò, se è facile valutarne i costi, più difficile è misurarne i vantaggi. Questi però sembrano essere tangibili, anche se sul lungo periodo. Infatti, pare che dedicare tempo alla riflessione casuale aiuti prima di tutto a pianificare la propria vita in tutte quelle fasi che non sono immediate. Questioni come “Mi devo sposare?” “È il caso che inizi a cercare un nuovo lavoro?” “Cosa mi rende davvero felice?” vengono elaborate di continuo dal nostro cervello, ed esso pare tornarvi automaticamente ogni volta che non ha necessità di concentrarsi sull’immediato.

sguardo in altoÈ stato inoltre dimostrato che quanto più si dedica il tempo a pensare a se stessi (“constructive internal reflections”) tanto più si diventa compassionevoli, empatici e meglio s’interpretano significati e opportunità delle situazioni sociali. Nel medesimo articolo, i ricercatori suggeriscono che questi dati indicano che iperstimolare i bambini, imponendo loro un’agenda densa di studio e attività extracurricolari, peggiora in realtà le loro abilità sociali e, cosa ancora più importante, la loro capacità di dar senso al mondo e a se stessi.

In definitiva, fantasticare serve: non tanto nell’immediato, ma piuttosto nel lungo periodo. Costruire una narrazione coerente di se stessi e della propria vita è un compito necessario e complicato – e talvolta sarebbe bene prendersi il tempo di farlo, anche in mezzo ai mille impegni della vita quotidiana.

Fonte: Frontiers in Psychology

Letture consigliate:

J. Singer, The Inner World of Daydreaming (in inglese)

D. Singer e J. Singer, Laboratorio del far finta (in italiano)

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