Il cervello universale
La nuova frontiera delle connessioni tra uomini e computer
di Miguel Nicolelis
Il futuro delle interfacce cervello computer (Brain Computer Interfaces) secondo uno tra i più innovatori e originali neuroscienziati contemporanei, tra Wagner, dirigibili e scenari fantascientifici.
Una mattina del gennaio 2008, a Durham, nei laboratori della Duke University – succedeva qualcosa di mai visto prima. “Un piccolo macaco rhesus di appena 5 Kg, alto un’ottantina di centimetri, stava usando gli impulsi elettrici della sua mente per controllare i primi infantili passi da primate di un robot umanoide di oltre 90 Kg per un metro e mezzo d’altezza dall’altra parte del mondo, a Kyoto”. (Link)
Miguel Nicolelis ha concentrato le sue ricerche cercando di capire che cosa sia il pensiero: più precisamente, cercando di capire come faccia una massa molle di tessuto cerebrale a generare comportamenti, affetti, sogni, speranze e discorsi. E tutto l’immaginario di una personalità dal gusto fantascientifico, e di una mente agile ed entusiasta – si riversa in simili esperimenti.
Nicolelis sembra aver ben chiaro dove andrà il futuro, e ce lo spiega nel suo saggio.
Il libro si snoda su tre piani narrativi, tutti fittamente intrecciati gli uni agli altri – per dimostrare, ancora una volta, che nella vita di uno scienziato ogni tappa importante è imbevuta di passione per il sapere. Nicolelis mescola le sue esperienze autobiografiche – l’università in Brasile, la fascinazione giovanile per le neuroscienze, la passione per il calcio e per la musica – alla storia delle neuroscienze e delle sue personali scoperte scientifiche.
L’autore parte da Galvani, passando per Volta, Thomas Young e Santiago Ramon de Cajial (lo spagnolo che, assieme all’italiano Camillo Golgi, scoprì l’esistenza dei neuroni nell’ultimo decennio del diciannovesimo secolo) – e racconta al lettore come siamo arrivati a sapere ciò che sappiamo sul cervello, e quali teorie scientifiche sono progenitrici delle nostre attuali concezioni neurofisiologiche. Rimbalza con grande competenza tra la biologia molecolare e la medicina in senso classico, partendo dai neurologi di fine 1700 per arrivare alle scoperte di Hubel e Wiesel, alla neuroplasticità e all’illusione della mano di gomma.
La suggestione musicale è il leitmotiv dell’intero libro. Il pensiero, secondo Nicolelis, è una “sinfonia di elettricità, ed emerge dal tessuto cerebrale grazie alla coordinazione di tutte le cellule ed i meccanismi coinvolti ”. Non solo non esiste “il neurone della nonna”, ma è pure sbagliato, secondo l’autore, credere che il pensiero sia una computazione puntiforme svolta neurone per neurone, raggrumata poi in comportamenti o una rappresentazioni tramite successivi livelli di calcolo. La mente non è affatto un computer – ma funziona per sincronicità e armonia.
L’intero libro, a ben guardare, è esattamente un manifesto dei “distribuzionisti” contro i “localizzazionalisti”, dove quest’ultimi identificano l’unità funzionale del cervello nel neurone, piuttosto che nell’interazione armonica e contemporanea di grosse popolazioni di neuroni. Da scienziato, Nicolelis dimostra coi fatti, non solo con i ragionamenti, quel che intende dire, decodificando e riutilizzando i segnali neurali dei mammiferi: che sia o vero o meno quel che sostiene sulla natura del pensiero, è certo che lui ed il suo team sono stati i primi ad insegnare ad un macaco a muovere un braccio meccanico col pensiero, a far camminare un robot e persino a trasmettere un feedback percettivo da un braccio robotico ad un cervello vivente.
Nicolelis non scioglie l’enigma di che cosa sia il pensiero, ma suggerisce una serie di interessantissimi postulati ipotetici della “computazione collettiva” delle reti neurali viventi. Inoltre, racconta con passione ed originalità non solo la storia delle neuroscienze e delle sue proprie scoperte – ma anche diversi episodi della scienza in generale. Personalmente, mi son davvero emozionato a leggere della scommessa di Alberto Santos Dumond, che il 19 ottobre 1901 doppiò con in 25 minuti circa con un dirigibile la torre Eiffel – vincendo i 30.000 franchi messi in paio dal premio Deutch dell’Areoclub di Parigi, e inaugurando ufficialmente la stagione del volo controllato per la nostra specie. Pertinenza con le neuroscienze? A parere di Nicolelis, Santos Dumond ( anch’esso brasiliano) fu il primo essere umano ad estendere la propria immagine corporea ad un velivolo, nella stessa maniera in cui noi la estendiamo ogni volta che impariamo ad usare un utensile. (link).
Il libro di Nicolelis s’inserisce in quell’interessante filone di neuroscienziati che mescolano filosofia, arte e scienza per cercare di comprendere il pensiero – umano e animale – nella sua complessità, evitando semplificazioni di stampo positivista senza però perdersi in soffocanti digressioni metafisiche.
Un libro consigliato a chi voglia capire dove stiano andando le neurotecnologie oggi – e in quali territori, se Nicolelis ha ragione, andrà la filosofia domani.
Libro: http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833923109
P.S: Qui l’ultimo lavoro nel quale è stato coinvolto anche Nicolelis. Il team di ricerca ha impiantato un sensore a infrarossi nella corteccia somatosensoriale di un topo, ed ha insegnato al topo a “vedere” con gli infrarossi – senza danneggiare gli altri sensi, ma aggiungendone uno. Ve lo immaginate il futuro?